Ciao Amico Viaggiatore! Qui a Mérida sono le 10.48 di sera, siamo seduti attorno al tavolo della cucina di questa squallidissima casa, bevendo birra e fumando sigarette. In realtà la sigaretta l'abbiamo accesa, per poi renderci conto che nessuno dei due fuma e quindi spegnerla in un bicchiere di plastica pieno d'acqua. Ma chissà poi perché l'abbiamo comprata, questa sigaretta. Abbiamo quindi aperto un pacchetto di caramelle, e sulle note della playlist del compaesano Willie Peyote, stiamo tentando di scrivere un resoconto del nostro tour di aeroporti da Torino a Mérida. Non è mica facile, quindi inizieremo raccontandoti il primo step, il più importante, da Torino a Madrid. Ad essere sinceri ci ricordiamo ben poco delle prime ore, in cui siamo dovuti correre in aeroporto, in cui abbiamo sbagliato entrata, abbiamo pesato (con molta ansia) le valigie, passato i controlli per il gatto, controllato i documenti. Poi abbiamo salutato le nostre famiglie; c'erano tutti in aeroporto. Si fa così quando qualcuno parte. Non devi trascinarti dietro la valigia fino al check in, c'è qualcuno con gli occhi lucidi che lo fa per te. Non devi preoccuparti di avere la felpa, il telefono e un libro, c'è la mamma che si è assicurata della completezza dello zaino prima di metterlo a malincuore nel baule della macchina. Se non sai come rispondere alle mille domande che ti vengono poste quando lasci la valigia, c'è chi ha viaggiato più di te che ti spiega come fare. Si fanno foto ricordo, perché chissà quando ci si rincontrerà, si ascoltano le raccomandazioni, si danno baci e abbracci. E poi ci si saluta. Ce lo ricordiamo bene quel momento perché da lì in poi saremmo stati solo noi due. Passiamo il codice a barre del biglietto, spingiamo la barra di ferro che ci blocca la strada e facciamo un passo; la sbarra si richiude dietro di noi. Camminiamo in silenzio fino al metal detector, e una volta passato ci giriamo. Le nostre famiglie sono laggiù, più lontane di quanto pensassimo. Tratteniamo a stento le lacrime e poi per la prima volta ci guardiamo negli occhi. Il sorriso è istantaneo, siamo noi due, finalmente. Le lacrime scendono, ma ridiamo e ci abbracciamo forte. Ed è proprio durante quell' abbraccio che i preziosissimi e costosissimi Ray-Ban fotocromatici che Desi teneva appesi al collo vanno in frantumi, rischiando di provocarle un'emorragia alla carotide e terminare il viaggio 7 minuti dopo essere partiti. Scampato il pericolo inizia la corsa per rimettere tutta la roba elettronica negli zaini... facile a dirsi, un po' meno a farsi. Il peso specifico dei nostri zaini Seven era di circa 16 kg, quindi oltre a sforare schifosamente il peso consentito, erano riempiti fino a scoppiare. Ora, Amico Viaggiatore, proviamo a darti un'immagine dettagliata della mattina della partenza. Immaginati Luca in panico perché i suoi aggeggi elettronici non entrano nello zaino, dovendo quindi far accorrere Desi che con forza, pazienza e qualche imprecazione di troppo, inserisce tutto, ma proprio tutto, nello zaino blu fluo che andava di moda alle medie, utilizzando uno studiato Tetris; peccato che nessuno di noi due avesse pensato al metal detector. Okay Amico Viaggiatore, ora immaginaci lì davanti, con gli zaini aperti, il contenuto vomitato sul rullo, e la guardia che ci mette fretta perché c'è altra gente dietro: inutile dirti che alcune cose sono rimaste fuori dagli zaini, tipo i cappelli, un libro e le cuffie di Luca, che si è portato tutto il tempo sul collo, sudando pietosamente e rendendole quindi inutilizzabili per le successive 30 ore di viaggio. Quindi ci avviamo verso il gate da cui partirà il nostro volo e aspettiamo eccitati. Per fortuna l'attesa è breve e ci imbarchiamo quasi subito, in questo aereo probabilmente offerto dalla GTT, a giudicare dal rumore poco rassicurante del motore e dal corridoio in cui non passava nemmeno il carrello dell' hostess, che infatti ci ha servito giusto un bicchiere d'acqua portando una bottiglia da 2 litri di Valmora in una mano e una pila di 50 bicchieri nell'altra, mentre una seconda hostess raccoglieva la spazzatura e controllava le cappelliere camminando all'indietro, perché ahinoi si era trovata nella traiettoria della collega e quindi l'unica soluzione plausibile era quella di tornare sui propri passi senza però possibilità di girarsi (chi ha mai viaggiato su un pullman della Torinese Trasporti sa benissimo cosa intendiamo, e chi invece non ha provato l'ebrezza si immagini di percorrere un sentiero sconnesso in bici, senza però il sellino e con le ruote avvolte dalle fiamme). Dopo due ore estenuanti finalmente scendiamo, abbastanza rincoglioniti a causa del mal di testa provocato dall'atterraggio dell'Eagle 5, ma ci mettiamo subito a correre, poiché l'imbarco per il volo diretto a Città del Messico sarebbe avvenuto 20 minuti dopo.
Segue Step 2
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