top of page
RoastPigeon

Una giornata a Chichén-Itzà

Ciao Amico Viaggiatore! Dopo qualche giorno di assenza, siamo tornati per raccontarti, come promesso, le avventure che viviamo qui in Messico.
La settimana scorsa, infatti, siamo andati a Chichén-Itzà, il sito Maya più famoso, tanto da essere una delle Sette Meraviglie del mondo. Non farti ingannare dalla fama creatasi attorno a questo luogo, poiché nonostante sia ricco di storia e cultura, ci sono dei particolari che indeboliscono l'esperienza.
Ma partiamo dal principio. La sera prima della partenza abbiamo affittato una macchina, che siamo andati a ritirare il mattino successivo. Carichissimi, abbiamo sistemato gli zaini nel bagagliaio, e abbiamo battibeccato qualche minuto per decidere chi dei due dovesse guidare. Ovviamente l'ha spuntata Desi, che tutta felice si è seduta al posto del guidatore, salvo poi rendersi conto, per la sadica gioia di Luca, che avrebbe dovuto guidare per più di due ore un'auto con il cambio automatico (ti spieghiamo, Amico Viaggiatore, il motivo del nostro panico: avendo Desi poco più di un anno di patente ed essendo abituata ad una macchina più piccola e manuale, le possibilità di arrivare a Chichén-Itzà interi sono calate drasticamente). Dopo una partenza un po' tentennante, siamo riusciti ad arrivare sulla strada principale, un rettilineo tipico americano con alberi e cespugli ai lati, infinito, noiosissimo, rovente. Non sapendo bene come muoversi, quali limiti rispettare e come adocchiare Velox o pattuglie, Desi ha deciso di prendere velocità e inserirsi al centro di una colonna di macchine bianche, tutte molto simili tra loro. Li abbiamo seguiti per un po', guidando esattamente come loro, frenando con loro, accelerando negli stessi momenti, poiché, essendo che viaggiavano in modo compatto, abbiamo ipotizzato si trattasse di un gruppo di turisti diretti al sito Maya. Però, dopo una mezz'ora buona di strada, la colonna di macchine imbocca un'uscita; in quel momento ci rendiamo conto che un po' più indietro, al fondo della fila, c'è una camionetta nera con delle guardie armate che sbucano dal tettuccio imbracciando dei poco innocui mitra. Guardando bene, poi, ci rendiamo conto che i mitra sono puntati al centro della colonna di auto, su una berlina bianca targata YYY. Sì, era la nostra auto. In pratica, Desi era riuscita ad infilarsi in mezzo ad un convoglio di auto con a bordo probabilmente un vip o un politico, e a seguirli senza troppi problemi per tutto il tempo. Una volta usciti dal mirino, il viaggio è proseguito molto più tranquillo, e siamo arrivati a Chichén-Itzà in poco più di due ore. Fuori dal sito abbiamo trovato la strada chiusa, così abbiamo dovuto parcheggiare in un posteggio a pagamento, che abbiamo poi scoperto essere abusivo. Infatti si può arrivare, in auto, molto più vicino al sito Maya, e gli addetti alla chiusura della strada altri non sono che persone comuni che cercano di spillarti un po' di soldi. Ovviamente noi, come altre centinaia di persone, ci siamo cascati e ci siamo fatti venti minuti di strada a piedi alle 11 del mattino sotto il sole. Maledetti messicani.
La coda per fare i biglietti è molto lunga, poiché si deve pagare in due tempi. Al primo sportello si versano 453 pesos, e al secondo sportello i restanti 80 pesos (per un totale di 533 pesos a testa, ovvero 22,67 euro), rigorosamente in contanti. Non avendoli, siamo usciti dalla fila per andare a ritritare al bancomat lì vicino. Fuori servizio. Per fortuna c'era uno sportello di Money Exchange, dove abbiamo cambiato gli euro che teniamo sempre nel portafoglio. Rifatta la fila e pagato tutto, passiamo i controlli ed entriamo finalmente nel cuore della seconda meraviglia del mondo.
In questo momento, seduti al solito tavolo della solita lurida cucina messicana, ci stiamo chiedendo il perché questo sito Maya faccia parte delle meraviglie del mondo, insieme a monumenti quali il Taj Mahal e il Cristo Redentore. Probabilmente è dato dal fatto che si tratta di un pilastro della Storia Maya, ma noi ne siamo rimasti davvero delusi, e ci abbiamo impiegato un po' a capirne il perché. Siamo poi giunti alla conclusione che ad averci deluso non è il sito in sé, ma la poca cura che questo Paese gli dedica. Infatti, a meno che non si acquisti il tour guidato, non si ha modo di sapere la storia della piramide di Kukulkan o dell'osservatorio astronomico. Non ci sono cartelli, spiegazioni, nomi o indicazioni, e anche la mappa del luogo viene venduta a parte. L'attenzione non è focalizzata sui monumenti o sulla storia, ma sui mercatini presenti ovunque all'interno del sito, nei quali viene venduto di tutto, da manufatti che di artigianale non hanno nulla, ad arazzi cuciti in chissà quale parte del mondo, calamite, statuine, caricature di personaggi famosi. E i venditori sono insistenti, fastidiosi, indiscreti, "desacralizzando" il luogo in cui hanno montato i loro disinteressati banchetti. Dopo qualche minuto passato nel prato che circonda il tempio, confusi, quasi storditi, abbiamo deciso di fare il giro attorno alla piramide per cercare l'ingresso e visitarne l'interno o almeno salirci. Quello è stato il momento che più ci ha deluso: la recinzione che circonda il monumento non ha una fine, gira tutto intorno senza aprirsi mai in un varco. Abbiamo vagato un po' in cerca un addetto a cui chiedere come entrare, finché non abbiamo capito. All'interno del sito non ci sono addetti. Sulla piramide non si può salire né entrare. L'osservatorio astronomico si vede da lontano, la sala delle mille colonne è recintata, e il Cenote Sagrado è inaccessibile, recintato e ricoperto dalla vegetazione, con un'acqua poco invitante. Nonostante fossimo circondati da millenni di storia, di antichità, di archeologia, non ci era possibile visitare nulla.
Ci siamo quindi accontentati di fare due passi, girovagare per i mercatini e fare un po' di merenda in mezzo alla natura. Nonostante la delusione, la mattinata è stata piacevole, abbiamo trascorso del tempo insieme, tenendoci per mano e chiacchierando per ore del più e del meno. Durante la passeggiata abbiamo anche avuto l'occasione di vedere un varano, intento a prendersi tranquillamente il sole a meno di mezzo metro da noi. Quando poi Luca è riuscito a convincere Desi a non portarsi il rettile a casa, siamo usciti e siamo tornati alla macchina. La giornata non era ancora finita, destinazione: Cenote Ik Kil.




Comments


bottom of page