Ciao Amico Viaggiatore! In questa pagina del nostro diario raccontiamo la continuazione della giornata iniziata con la visita al sito maya di Chichén-Itzà, perciò, se vuoi sapere com'è iniziata la nostra gita fuori porta, recupera la prima parte del racconto.
Usciti dal sito archeologico passando per quella che sembrava a tutti gli effetti un'uscita sul retro e percorsi a ritroso i venti minuti che ci separavano dal nostro parcheggio abusivo, questa volta sotto il "fresco" sole delle tre del pomeriggio, giungiamo finalmente di nuovo alla macchina, con una temperatura interna paragonabile a quella della superficie solare. Messo in moto, partiamo in direzione della seconda meta della giornata, il Cenote Ik Kil, a circa 8 minuti di strada dal sito archeologico. Questa volta, dopo l'esperienza di Desi con i militari, è Luca a guidare.
Ora, dopo la non ottima esperienza di Chichén-Itzà, non sapevamo bene cosa aspettarci. Invece, contro ogni previsione, appena usciti dalla strada principale (quella che da Mérida porta fino alla città di Valladolid) ci si è parata davanti una struttura simile ad un resort estivo di lusso, con ristoranti, ampi spazi aperti immersi nel verde e perfino due animatori vestiti in abiti tradizionali. Ignari del fatto che all'interno ci fossero dei bellissimi e pulitissimi spogliatoi ci siamo cambiati, con non poche difficoltà e gomitate reciproche, all'interno della macchina, con il rischio di essere esposti alla vista di qualche ignaro avventore e di una bella denuncia per atti osceni in luogo pubblico.
Giunti alla biglietteria abbiamo scoperto che la struttura offre due formule per l'ingresso: la prima, da 150 pesos a testa (6,40 euro), prevede l'accesso al Cenote, inclusi giubbotto di salvataggio e armadietto, mentre la seconda, da 350 pesos a testa (14,93 euro), prevede in aggiunta la consumazione di un pasto e di una bevanda. Noi, nonostante fossimo digiuni dalla mattina presto, muniti solo di due porzioni di insalata di pasta schiacciate al fondo dello zaino e più disidratati della carne secca del Walmart, ci siamo ricordati dei (troppi) soldi pocanzi buttat... ehm, spesi a Chichén-Itzà, e abbiamo deciso di optare per la formula più economica, pensando che, come le spugne, ci saremmo reidratati nell'acqua del Cenote, e se fossimo stati sul punto di svenire avremmo potuto sempre cibarci del plancton o dei pesci lì presenti.
Dopo quest'ultimo torto al portafogli ci dirigiamo agli spogliatoi, dove Luca è costretto a superare il suo orgoglio pugliese e ad indossare il giubbotto di salvataggio, essendo quest'ultimo obbligatorio. Lasciati zaini e oggetti vari negli armadietti e muniti solo di un telefono chiuso in una bustina ziplock (per intenderci, quelle per surgelare il cibo) per evitare che si bagni, decidiamo finalmente di addentrarci nelle profondità della Terra per vedere il tanto agognato Cenote. La discesa è caratterizzata da una galleria scavata nella roccia che ricorda molto un covo di bucanieri; non ci saremmo stupiti di trovare, al fondo, l'oro del capitano Flint o i bottini di Willy l'Orbo.
Giunti alla fine del tunnel ciò che vediamo è uno spettacolo naturale bellissimo, un lago sotterraneo completamente scavato nella roccia, con liane e piante rampicanti che salgono fino a uno squarcio attraverso il quale si può vedere il vivido cielo dei tropici. Questa sensazione di fascino e stupore dura all'incirca tre secondi, trasformandosi presto in paura; il caldo e la sete però prevalgono e senza pensarci troppo ci buttiamo in quel limpido specchio d'acqua, ovviamente gelido. Dopo il tuffo, però, Luca si rende conto di essere da solo nel lago e che Desi, complice la temperatura e la profondità dell' acqua (quasi 50 m), è rimasta appesa alla scaletta. Ci pensano però i quasi dieci bagnanti in coda dietro di lei a "convincerla" a tuffarsi. Dopo esserci abituati alla temperatura quasi sotto zero, il bagno procede alla grande e dopo un paio d'ore a mollo, durante le quali Luca decide di fare qualche tuffo da una piattaforma situata una decina di metri più in alto, decidiamo di uscire per concederci finalmente, alle cinque del pomeriggio, un pranzo. Non avendo più soldi l'unica opzione che abbiamo è quella di piazzarci davanti all'uscita rifiuti del ristorante a mangiare la nostra ottima insalata di pasta schiacciata, ottenendo sguardi torvi o straniti da parte del personale del locale che ci passava continuamente davanti.
Molto Stanchi e abbastanza soddisfatti, decidiamo di rimettere in moto il nostro bolide e tornare a casa. È Luca a guidare per tutto il viaggio di ritorno, godendo per fortuna dell'ottima compagnia di Desi. Per un chilometro. Dopo la seconda curva è infatti entrata in catalessi svegliandosi circa due ore dopo. Pensavi, Amico Viaggiatore, che non potessimo fare altri danni durante il viaggio di ritorno? Beh, se è così non ci conosci ancora troppo bene. Infatti, nella necessità di fare la spesa e volendo approfittare del fatto che avevamo la macchina, decidiamo di fermarci ad un Walmart trovato lungo l'autostrada. Ci infiliamo quindi nel parcheggio e, solo a quel punto, ci rendiamo conto che quello non è un supermercato, ma un magazzino di smistamento merci, e che noi abbiamo appena violato una proprietà privata infilandoci in un parcheggio riservato ai tir. Decidiamo di darcela a gambe il più in fretta possibile, facciamo inversione a U in piena autostrada (No, sul serio. È una mossa che in Italia sarebbe costata una multa tale da costringerti ad ipotecare la casa ma che in Messico, a quanto pare, è del tutto legale e pericolosa) e ci dirigiamo ad un altro Walmart, verificando stavolta che sia un supermercato.
Usciti da lì è giunta veramente l'ora di tornare a casa, che siamo costretti a raggiungere seguendo soltanto il nostro istinto e i cartelli stradali, dato che, essendo riusciti a portarci dietro l'unico cavetto IPhone rotto, nessuno dei nostri tre cellulari era ancora vivo . Per farla breve, Amico Viaggiatore, a casa ci siamo arrivati stanchi, sudati, affamati, doloranti e molto molto felici. Ci siamo quindi lavati, abbiamo sistemato le borse, fatto cena e verso le 3 del mattino siamo andati a dormire. Quattro ore dopo Luca era di nuovo in piedi per riconsegnare la macchina.
Comments